Isolati nel fango e nell’acqua della regione del Ladakh, India. Attorno a loro la distruzione: villaggi devastati, case crollate. E morti, feriti, sfollati. Non potevano telefonare: tutti i collegamenti saltati. Cellulari muti, Internet fuori uso. Impossibile riuscire ad avvertire i familiari, rassicurarli. Per dieci italiani appassionati delle due ruote la vacanza nel nord dell’India si è trasformata in un’odissea. «Un incubo».

Quando arrivano all’aeroporto di Leh scoprono che partire per Delhi è impossibile: «Era tutto bloccato, voli cancellati, comunicazioni in tilt». E le prime notizie del disastro: morti, feriti, gente isolata nei villaggi. «Parlavano di 200 morti e 300 feriti. Siamo andati in paese, a Leh, era tutto chiuso per lutto cittadino». Il gruppetto di italiani rientra in albergo, ma la situazione meteorologica si aggrava: «C’era il rischio di altre esondazioni, l’hotel è stato evacuato, ci hanno portato tutti su, dove c’era anche la gente del posto che cercava riparo da possibili frane - raccontano Raffaele e Roberta -. C’era una casa in costruzione, senza tetto, l’avevano coperta con dei teli e la gente si era ammassata là. Noi siamo rimasti fuori, abbiamo dormito in auto».
Alle tre di notte la decisione: ormai è sabato, meglio recuperare i bagagli, biciclette comprese, e ripresentarsi all’aeroporto, tentare di partire per Delhi. «C’era un caos indescrivibile». Il volo di questo gruppetto di italiani, dopo essere stato cancellato, era stato rischedulato per domenica - cioè ieri - ma tutti cercavano di ripartire il prima possibile, appena arrivava un aereo, anche per non perdere le coincidenze con gli altri voli. «Ce l’abbiamo fatta a partire sabato pomeriggio pagando 100 euro a testa ai militari. Erano loro a decidere chi poteva salire a bordo e chi no. E anche pagando non è stato facile». E l’Ambasciata? «Impossibile telefonare, la rete era saltata. Chi era senza contanti e aveva solo con la carta di credito era in enorme difficoltà perché gli sportelli non funzionavano».
L’odissea per Raffaele, Roberta e gli altri otto italiani è finita con l’atterraggio a Delhi. «E a Delhi ci è arrivato l’sms dell’Ambasciata italiana. Prima di partire ci eravamo registrati nel sito della Farnesina "dovesiamonelmondo" e così evidentemente è partito il messaggio. Ma era tragicomico: il consiglio era di contattare in caso di emergenza un numero telefonico. Ma come potevamo telefonare se eravamo isolati?». Ieri pomeriggio l’arrivo in Italia. Sani e salvi. Per scoprire che a casa, del disastro di Ladakh, nessuno sapeva quasi niente.