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Alpinismo di massa: quando i soldi non bastano...

Quello che sta succedendo in queste settimane nell'Himalaya probabilmente sfugge ai più.
Non tutti si interessano di alpinismo che, soprattutto ad altissimi livelli,
è una sorta di "sport" di nicchia dove devono coincidere due fattori fondamentali:
una grandissima preparazione fisica e mentale e grandi disponibilità economiche,
per far fronte a spedizioni che durano mediamente 30 o 40 giorni
ed hanno dei costi elevatissimi tra permessi, autorizzazioni varie, trasporti in luoghi sperduti,
materiali all'avanguardia e molto altro.
Lo spirito di emulazione ha spinto tanta gente, soprattutto nell'ultimo decennio,
ad accettare la sfida contro queste montagne sacre e tante volte inviolabili.
Sono passati oltre 30 anni dalle imprese di Messner, ora i protagonisti sono altri
ed in Italia ne abbiamo uno in particolare, Simone Moro.
Un curriculum da far venire i brividi solo a leggerlo, esperienza da vendere
e capacità tecniche e non solo fuori dal comune.
La sua ultima impresa, il concatenamento del Lhotse (4a vetta più alta della terra con 8.501 mt.)
e dell'Everest (la più alta con 8.850 mt.) che coniugava l'impresa sportiva
ad altri obiettivi tecnico/scientifici per i quali stà lavorando,
è stata interrotta per il troppo traffico trovato lungo la via che porta alla cima dell'Everest.
Oltre 200 persone in fila indiana all'attacco della cima, tutte spedizioni commerciali che hanno fatto pagare
ai loro clienti decine di migliaia di euro per venire a sfidare la montagna più alta del mondo.
I "puntini" sono tutti alpinisti in coda lungo la via per il Colle Sud
Alle loro spalle un altro centinaio di persone in attesa del loro "turno".
La maggior parte di questi assolutamente inesperti, impreparati ma con un conto in banca tale da permettergli di venire a sfidare la sorte, incuranti dei pericoli che l'Everest presenta
e dei rischi che faranno correre con la loro incapacità a tutti gli altri.
La cima più alta del pianeta quest'anno ha già presentato il suo conto: 10 morti,
(senza contare quelli nelle altre vette dell'Himalaya e Karakorum)
e la stagione è soltanto all'inizio...
Foto scattata da Simone Moro dopo il campo 3 sull'Everest
L'esperienza ha consigliato a Simone Moro di rinunciare e rientrare.
Lui che saliva senza ossigeno e a ritmi ben diversi dagli altri ha scritto dal Campo Base:
" “Sono al Campo Base, sono sceso da sotto le fasce gialle. Domani sarà un disastro.
Oggi c’erano 210 persone sulle corde fisse che salivano.
Impossibile superare, lentissimi, 6-7 senza ossigeno e tutti gli altri con O2 da Campo due!
Domani è impossibile per me tentare senza ossigeno, con quella fila impressionante prevedo incidenti”.
E ancora: “Ho visto gente che non sa mettere il Jumar nelle corse fisse e ad ogni nodo
chiamava lo sherpa per farselo togliere e rimettere a monte – continua l’alpinista -.
Con tutta quella gente domani sarà un dramma. Mi dispiace molto.
Avere 210 persone davanti o sotto quando scendi è un suicidio.
Significa stare fermo per delle ore e congelamenti assicurati”.

Il turismo è la prima fonte di reddito del Nepal e ben vengano gli alpinisti,
i trekker e tutti coloro che comunque contribuiranno allo sviluppo di questo Paese.
Come sempre il problema è l'incoscenza di molta gente
(e l'inciviltà, vedi il problema dei rifiuti nei Campi Base e non solo ma di questo ne riparleremo...).
Non basta avere i soldi o lo sponsor per comprarsi una vetta da sfoggiare poi ad amici e parenti.
La montagna non ha prezzo e merita rispetto.

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